A proposito di filler per il viso, abbiamo fatto due chiacchiere con un’esperta di Allergan Aesthetics, che ci ha aperto un nuovo mondo e un approccio rivoluzionario alla medicina estetica. Quello degli attributi emozionali. Scopri qui di che si tratta…
Pensateci bene: che cosa facciamo prima di tutto con il viso? Comunichiamo. Non soltanto con la bocca, con la voce e con le parole. Ma anche con le espressioni. Occhi, bocca, fronte, guance. Sul nostro volto si legge tutto, perché tutto si muove. E traduce emozioni, stati d’animo. Così come rappresenta il nostro carattere, la nostra identità. Che non è data solo dalla forma dei lineamenti, ma anche dal modo in cui questi si muovono. Come spalanchiamo gli occhi per lo stupore, come aggrottiamo la fronte quando siamo concentrati… Sono caratteristiche uniche di ciascuno di noi, esattamente come il colore degli occhi o la forma del naso.
Ecco perché è nato un nuovo approccio della medicina estetica che ne tiene conto. Lo ha inventato il dottor Mauricio De Maio, noto chirurgo brasiliano, che lo ha battezzato il “metodo degli attributi emozionali”. Una visione più olistica del viso – subito “sposata” da Allergan Aesthetics – che lo tiene in considerazione nella sua totalità, e non soltanto per quanto riguarda la zona in cui una paziente chiede al medico estetico di intervenire. Ma soprattutto nella sua mobilità. Ossia nel modo in cui un volto si muove ed esprime emozioni.
Una visita che non si concentra tanto su dove mettere il filler sul viso, ma è quasi un provino per il cinema…
«E’ un metodo che permette di ottenere risultati molto più armonici e naturali» spiega la dottoressa Alessia Glenda Buscarini, specialista in Chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica a Milano. Fondamentale, prima di intervenire, è la visita, in cui il medico “studia” tutta la struttura del viso del paziente e la sua mobilità. «Si fanno fare una serie di movimenti e anche di smorfie. Per esempio, si chiede di esprimere tristezza, rabbia, seduttività, concentrazione. Si può far corrugare la fronte oppure fare finta di mandare un bacio con la bocca» prosegue la dottoressa.
E’ solo in base a questo studio morfologico dinamico che il medico decide dove e come intervenire. «Lo scopo di questa tecnica è quello di salvaguardare l’espressività del viso del cliente, per ottenere un risultato armonico e in equilibrio con le caratteristiche di ogni singola persona» precisa Buscarini. «Qui non si parla più tanto di cancellare le rughe o un singolo difetto, e nemmeno di trasformazioni radicali. Ma di ottenere un effetto generale più disteso e riposato. Limitando anche la quantità di filler viso utilizzato. Una sola fiala, ben distribuita nei punti giusti, può bastare per oltre sei mesi».
Ma si usano filler viso particolari?
«No, nel senso che qui a fare la differenza è la tecnica, l’approccio» risponde l’esperta. «Anche se ormai i più utilizzati sono soprattutto quelli crosslinkati, che sono più viscosi. E quindi durano di più perché creano un reticolo più solido di acido jaluronico. Ma allo stesso tempo danno risultati più naturali, perché richiamano meno acqua e quindi non gonfiano come quelli di una volta».
Il numero di sedute dipende dal medico e dal singolo caso. «E’ importante procedere anche per gradi. E rivedersi magari una volta, due/tre settimane dopo la prima seduta, per valutare il risultato e soprattutto la reazione del paziente. Se si trova a suo agio, se si piace, o se eventualmente può essere necessario un ritocco. Come dico sempre: l’importante è che chi vi incontra vi chieda “Wow, ma dove sei stata?” e non “Oh, ma che cosa hai fatto?”».