Claudia Segre, ovvero quando la finanza si innamora della bellezza. Rossetto, mascara e unghie sempre perfette sono il marchio beauty di questa donna in carriera. Inserita nel 2019 nella classifica di Forbes delle 100 donne italiane di maggior successo, oggi Claudia Segre è Presidente di Global Thinking Foundation, fondazione che si occupa di promuovere la consapevolezza finanziaria anche tra donne, studenti e fasce più vulnerabili della società.
Un impegno che non le impedisce di definirsi “Sephora-addicted”. Curiosare tra le novità di beauty infatti è una delle sue attività preferite. Così come sperimentare nuovi prodotti. I suoi cult? Quelli di Benefit, l’unica marca a cui dichiara fedeltà assoluta. «Compro sempre il gel per sopracciglia Gimme Brow e la cipria Dr. Feel Good Silky Mattifying Powder. E poi adoro il loro servizio per le sopracciglia». Insomma, Claudia Segre è una vera amante ed esperta del mondo beauty. Che, dice, non deve mai mancare, nemmeno in ufficio.
Quali sono i basic step della sua beauty routine?
«Appena sveglia, una spruzzata di acqua di Eau Thermale Avène o Aqua Réotier di L’Occitane. Poi mi occupo subito del contorno occhi, dove alterno Regard Divin di L’Occitane con Premier Cru La Crème Yeux di Caudalie. Infine, appena prima di uscire, applico due sieri: CE Ferulic e HA Intensifier, entrambi di Skinceuticals».
Qual è il cosmetico a cui non rinuncerebbe mai?
«La crema notte Restore & Renew Face & Neck N°7 e l’Olio Tranquillity di Comfort Zone, che uso sul corpo dopo la doccia. E poi gli olii essenziali di dōTerra. Ne uso diversi, tra cui soprattutto Peace che sa di fiori e di menta».
Parliamo di make up: quali sono i suoi must?
«Ho le ciglia molto sottili, quindi prima del mascara uso il primer DiorShow Maximizer 3D di Dior. Poi il mascara, sempre di Dior, oppure Better Than Sex di Too Faced».
Covid permettendo, lei viaggia spesso per lavoro. Qual è la prima cosa beauty che infila in valigia?
«Il correttore Boi-ing di Benefit. I bastoncini di cotone con manico in legno per togliere le sbavature del trucco occhi che compro su Amazon. E poi un Gloss Bomb di Fenty Beauty e la crema mani DeadSea Water Mineral Hand Cream di Ahava».
E nella borsa di Claudia Segre, cosa non può mai mancare?
«Il profumo! In inverno scelgo Ambre Sultan o Nuit de Cellophane, entrambi di Serge Lutens. D’estate alterno Fleur de Peau di Diptyque o Essenzialmente Laura VI di Laura Tonatto».
Le sue unghie sono sempre curatissime. Fai-da-te o manicure professionista?
«Ho iniziato nel 2005 ad andare dalla manicurista e a metter il gel per evitare di mangiarmi le unghie e le pellicine… Poi, con il tempo, avere unghie così perfette è diventato un vero divertimento, perché mi ha dato la possibilità di azzardare con i colori. E far sparlare i colleghi!»
Le unghie colorate non sono ben viste nel mondo della finanza?
«Diciamo che spesso, andando in giro per lavoro, la gente dice alle mie spalle “arriva quella da Milano con le unghie dipinte”. Sono le stesse persone che tendono a chiamarmi “signorina” piuttosto che “dottoressa”. In questo caso, le unghie a mandorla e il gel tornano utili: basta tambureggiarle sul tavolo in riunione per farsi rispettare».
Ci racconta meglio cosa vuol dire essere donne in un ambiente maschile come il suo?
«Vuol dire lavorare senza imporsi, ma con un dialogo aperto e un vero ascolto. E con la consapevolezza che le competenze si rafforzano tenendosi aggiornate giorno dopo giorno. Soprattutto per chi guida un team, è fondamentale ricordarsi che per insegnare occorre conoscere. Un po’ come è scritto nella Bibbia: “Ho imparato tanto dai miei compagni, tanto dai miei maestri, ma più di tutto dei miei allievi”».
Vuole dirmi che le donne, al lavoro, sono più umili dei colleghi maschi?
«Sì. Le donne sono umili e oneste. Anche troppo a dire il vero! Spesso sono molto brave ma verso se stesse fanno troppa autocritica. In qualche modo le donne non riconoscono il loro stesso valore. Tanto è vero che sono anche meno propense degli uomini a chiedere aumenti di stipendio. Al contrario gli uomini sono più impulsivi. Si buttano di più. Basti pensare a quanti si candidano per posizioni lontano dalle loro competenze».
Insomma, secondo Claudia Segre non sempre l’umiltà è un valore…
«No, infatti. L’umiltà delle donne ad esempio va benissimo nella gestione dei team di lavoro. Però quando si deve affrontare una sfida competitiva, l’eccesso di umiltà può essere autolesionista. Quindi, mai essere arroganti, ma nemmeno sottovalutarsi».
Per avere un’aria più autorevole, in che modo una donna dovrebbe curare la propria immagine?
«Intanto deve ricordarsi di essere una donna, e non l’imitazione di un uomo. E nel look non eccedere con l’esuberanza, ma nemmeno con la sobrietà. In generale bisogna essere se stesse e portare il proprio stile, qualunque esso sia».
Per la sua esperienza, c’è un look migliore di altri?
«Io ho sempre adottato il tailleur con la gonna o i pantaloni per praticità. Oppure indosso uno spezzato con un bel blazer. La giacca ben strutturata è un passepartout perché, indipendentemente dal colore, è un capo che dà subito un’immagine di stile. Anche se indosso un vestito con manica corta o a tre quarti, la porto sempre con me».
E per il look beauty? In ufficio è meglio un rossetto rosso fuoco o un nude?
«Il rossetto migliore è quello che ci si sente di poter portare per quel giorno. Quello che rispecchia lo stato d’animo del momento».
Ultimamente il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, grande fan del rouge rosso, è stata criticata per il suo beauty look. Cosa ne pensa Claudia Segre?
«Commentare un ministro per un rossetto rosso è ridicolo. Noi donne non dovremmo farci condizionare da questi commenti. Bisogna fare ciò che ci rende più serene al lavoro. Sentirsi bene con se stesse e con l’ambiente in cui ci si trova».
L’aspetto estetico può essere un modo per scardinare gli stereotipi sulle donne nel mondo del lavoro?
«Certamente sì. La cura dell’immagine è un segno importante di cura, e amore, verso noi stesse. Oltre che un modo per affermare la propria personalità. Non deve invece essere un mezzo per cercare l’approvazione sociale».
Quanto del cosiddetto empowerment femminile passa anche attraverso la cura di se stesse?
«Empowerment è come un moto virtuoso che parte da una rinnovata consapevolezza di sé, e poi si trasforma in partecipazione sociale attiva, all’insegna del confronto. Un processo che porta a rafforzare la propria personalità e professionalità. In altre parole il beauty serve anche a rafforzare la propria indipendenza di pensiero e di azione. Ben vengano quindi make up, smalto e tanta cura per se stesse».